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“Multiculturalismo e integrazione”

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLO“Multiculturalismo e integrazione”. Ecco il tema del confronto tra intellettuali e politici organizzato a Roma, nella sala Angiolillo presso il quotidiano “Il Tempo”, dalla “Fondazione Liberal”, con l’impegno, sul territorio, dei circoli “Liberal” di Roma e provincia, coordinati da Giustina Ratto. “Problemi, questi”, ha sottolineato Ferdinando Adornato, Presidente della Fondazione, “ che, oggi più che mai, cultura cristiana e cultura liberale devono affrontare insieme. Per uscire dalla perfida tenaglia tra un multiculturalismo “sempre e comunque”, quasi indifferente alle singole identità nazionali, e, all’opposto, le chiusure a riccio, al limite della xenofobia”.

“In tema di immigrazione”, ha ricordato l’ex-ministro dell’ Interno Beppe Pisanu, “i dati parlano da sé: nel mondo, oggi, ogni anno si muovono 800 milioni di persone, e circa 700 milioni emigrerebbero, se potessero. E’ chiaro che le società future saranno inevitabilmente multi- culturali e multietniche: allora dobbiamo capire che, per ogni democrazia industriale, l’immigrazione da fuori non è solo un’emergenza, ma una svolta storica. Che, però, in Italia va affrontata definendo un nuovo modello di politica, diverso sia dal multiculturalismo del Regno Unito ( di cui lo stesso David Cameron ha riconosciuto ultimamente il fallimento, l’ incapacità di produrre vera integrazione) che dall’ ”assimilazionismo”, un po’ “a forza”, che da sempre contraddistingue la politica francese”. A proposito di Francia, André Glucksmann, saggista, già esponente di punta dei “nouveaux philosophes”, ha precisato che le rivolte delle Bainlieues del 2005, dalla stampa definite emblematiche del fallimento della politica assimilazionista , in realtà erano rivolte di cittadini francesi a tutti gli effetti, di immigrati “di terza generazione” appoggiati da francesi metropolitani: in una comune rabbia contro l’emarginazione, un po’ come gli studenti del ’68, o, più indietro, i contadini delle ”jacqueries” medioevali.

“Più che dar risposte”, ha detto pacatamente il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, “vorrei porre delle domande. Inevitabilmente sollevate dalla questione immigrazione-multiculturalismo ( concetto in realtà statico, perché sia nel “melting pot” USA, vedi soprattutto New York, che nel Regno Unito, le varie etnie non si son mai veramente incontrate, ma han semplicemente vissuto per decenni l’una accanto all’altra)- interculturalità. Domande sul rapporto fede-politica, già pienamente centrato da Cristo, in chiave di separazione fra chiese e Stato, con la questione di “Quel che è di Cesare”; su quello fede-scienza, e sull’identità. Perchè dialogare con le altre culture, in un’ottica veramente interculturale, dinamica, presuppone, però, di restar pienamente coscienti della propria identità: identità in cui, in tutto l’Occidente, la componente cristiana, sul piano culturale, prima ancor che religioso, resta fondamentale”.

Francesco D’ Onofrio, direttore scientifico della Fondazione, ha evidenziato proprio il grave ritardo dell’ Italia nel definire una linea nuova sul problema dell’immigrazione extracomunitaria (“nonostante il susseguirsi, in vent’anni, di ben tre leggi, Martelli, Turco-Napolitano e Bossi-Fini” ). Emma Bonino, Vicepresidente del Senato e già commissario europeo,dopo aver ricordatol'importanza che oggi per l'economia italiana, comunque si valuti questo fenomeno, assume l'apporto della manodopera extrcomunitaria ( "persino Tremonti e Maroni calcolano questo fabbisogno in ben 250.000 persone all'anno, per i prossimi dieci anni"), ha precisato che la UE sull’immigrazione non ha veri poteri sovranazionali, ma, al massimo, di controllo delle frontiere: “Ecco l’inconsistenza delle polemiche sollevate nei mesi scorsi, dinanzi al rifiuto francese d’ aprire le frontiere alla massa di immigrati in fuga da Libia e Tunisia”.”Senza contare – ha concluso Pier Ferdinando Casini, capogruppo dell’ UDC alla Camera – che, spesso, queste polemiche provenivano proprio da persone, in passato, tra i più fieri nemici dell’integrazione europea. Ad ogni modo, il tema dell’immigrazione non può più essere un’arma contundente usata da i vari politici, specie nelle campagne elettorali:  i cittadini, da quel che vedo, sono ormai stanchi di slogan demagogici, e vogliono che questi problemi siano finalmente affrontati col giusto senso del bene comune”.

 

Fabrizio Federici

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