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Il caso di Matthias Schepp

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLO

Intervista alla Dott.ssa Ubaldi su casi di suicidi-omicidi legati alle separazioni.

Sconcerto crea nella pubblica opinione il caso di Matthias Schepp, padre delle piccole gemelle Livia e Alessia. Ho appreso alcune informazioni dai mass media e ho reputato interessante avere una lettura dei dati da parte di una criminologa e pedagogista. Così ho letto che: Matthias e Irina si sposavano sei anni fa. Nello scorso agosto si separavano. Il 26 Gennaio Irina gli chiedeva il divorzio via email. Il 3 Febbraio Matthias si suicidava a Cerignola.

Irina non aveva capito il livello di instabilità dell’ex marito: gli aveva permesso di trascorrere tre settimane in vacanza con le bimbe.

Matthias aveva fatto alcune sedute da un terapista dopo la separazione.

Matthias punisce la moglie nascondendole la verità sulla vita o la morte delle figlie.

E’ una trama ordita, un macabro gioco; non si sa se ad oggi se le gemelline siano vive. Ci auguriamo che lo siano, affidate a qualcuno in un luogo segreto e sicuro.

Ho letto sui giornali che Matthias è stato descritto da persone a lui vicine come una persona aggressiva verbalmente, peculiarmente meticoloso.

Ho letto che era un ingegnere e che portava sempre con sé un registratore.

Ho letto delle lettere che ha spedito alla moglie da vari punti con dentro dei soldi; ho letto della sua dichiarazione per iscritto di aver ucciso le bambine e della “rassicurazione” alla moglie che non avevano sofferto.

Ho letto ancora che camminava lungo il binario e deve aver camminato a lungo prima di farsi investire da un treno in corsa.

Ho letto ancora che aveva con sé il navigatore dell’auto.

Un piano diabolico.

 

D. Chiedo dunque alla Dott.ssa Ubaldi se la macabra trama ordita dal padre sia unica o rammenti altri casi di cronaca; le chiedo dagli elementi che abbiamo letto sui giornali cosa si può dedurre in chiave criminologia e se ci sono altri padri come lui.

 

La Dott.ssa Ubaldi così mi risponde: “La vicenda di Matthias Schepp, l'ingegnere di 43 anni che da  Losanna ha iniziato un viaggio verso la fine della sua vita  - e ad ogni buon conto anche delle sue piccole figlie - ci lascia sconcertati. Ci siamo dedicati a tanta ricerca sugli omicidi- suicidi legati alla separazione, soprattutto correlati al disagio per l’allontanamento di un genitore dai suoi figli, ma qui ci troviamo di fronte ad un crimine mutante rispetto ad una caratterizzazione tipizzata: Schepp non ha voluto soltanto uccidere sé stesso e  il suo passato, ma ha voluto fortemente attuare un progetto  che contenesse un gioco perverso, una macabra “caccia al tesoro”, una lezione di stile raccapricciante che dopo tanti giorni tiene impegnati tutti. La criminodinamica, per ciò che possiamo sapere dalle informazioni giornalistiche, è questa: Mathias ha programmato apparentemente un viaggio per sé e per le sue figlie, forse mai percorso dalle due bambine, ha lasciato traccia di una ricerca sui veleni per indirizzare ipotesi forse inutili ( un ingegnere non poteva non sapere che il suo computer sarebbe stato successivamente analizzato capillarmente!” ); durante il suo percorso ha inviato denaro alla moglie, quasi ad indicare un gesto di spregio verso  la posizione sociale raggiunta: un tempo c’erano state liti su questo argomento? Ed ha scritto alla madre delle sue figlie lettere, dandoci l’esatta sensazione di un comportamento programmato con precisione certosina, connotato da una alternanza tra gesti simbolici e gesti che rivendicano una centralità follemente recuperata. E’ come se Schepp non si suicidi solo disperatamente – come negli altri casi – ma abbia maturato una crescente volontà che nella sua delirante concretizzazione fosse di “insegnamento” a sua moglie. Mathias aveva probabilmente accumulato un bisogno eccessivo di controllo sulla ex moglie, le lettere lo evidenziano, ma ci chiediamo allora come sia possibile che nessuno se ne fosse accorto. Dal punto di vista investigativo il problema centrale è che questo caso allontana per definizione ogni barlume di certezza perché non esiste alcuna prova certa se non il luogo d’inizio - San Sulpice in Svizzera - e il luogo della fine – almeno per il padre – che si toglie la vita sotto un treno a Cerignola. Tutto ciò che intercorre, nel tempo e nello spazio, e cioè la scomparsa delle due bambine di 6 anni, svanite nel nulla, rappresenta una incognita di fronte alla quale possiamo solo dire che il comportamento di quest’uomo riflette con ogni probabilità una “frana” affettiva di proporzioni criminali. Non si tratta, come dicevo, solo di un picco di disperazione dovuta alla delegittimazione di un genitore escluso dalla vita dei figli, della sua mortificazione esasperata, perché la dinamica è talmente perversa nel suo dipanarsi che raccoglie in sé elementi persecutori mai rintracciati precedentemente. In questi casi si agisce velocemente, disperatamente, senza il tempo per programmare strategie e selezionare movimenti di teatrale rilevanza postuma. Al massimo si scrive una lettera, si rimproverano le istituzioni di aver ridotto in una concreta esclusione dalla vita dei figli la propria figura di genitore, di non aver  riconosciuto il dolore e la disperazione. L’omicidio dei figli muove i passi da una rivendicazione semplice, depressa, dalla gelosia, dal dolore per la sconfitta. Ogni antecedente, ogni metodo utilizzato rispecchiano la volontà di sparire e cancellare la vita familiare. Schepp al contrario vuole rimanere sulla scena, non vuole sparire, vuole anzi rimanere vivo sul palcoscenico globale in un delirio di onnipotenza che lo contraddistingue nettamente dagli altri casi. Anche la “rassicurazione “ per la morte indolore delle due piccole figlie rimanda ad altro, quasi a volersi impossessare ad aeternum del primato di “buon genitore”! Un piano diabolico, macabro, un romanzo criminale ordito intorno ad una unicità che ci spinge a riflettere su come  fattori predittivi del comportamento di quest’uomo avrebbero potuto/dovuto allertare chi - forse -  ne era a conoscenza”. 

 

Francesca Romana Fragale*

Avvocato penalista

Presidente dell’Associazione Futuro Sostenibile

 

 

 

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