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Decreti: quelli ingiuntivi e quelli del "fare"

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOSono anni che l'Avvocatura protesta e biasima per le conclamate inefficienze della Giustizia civile. Tutto inutile. L'efficientamento propostoci dal Ministero ha sinora partorito soltanto il famigerato programma di revisione della geografia giudiziaria, adottato in adempimento della delega contenuta dalla legge 148/2011 ed incentrato sull'abolizione di tutte le sezioni distaccate dei Tribunali, sulla riduzione degli Uffici del Giudice di Pace e sul taglio di molti Tribunali e Procure. Perché si corresse ai ripari non sono bastate le angosciose grida di dolore dell'Avvocatura ma é bastata l'influente richiamo con cui la Banca d'Italia ha stimato la perdita attribuibile alla lentezza della Giustizia civile: circa 16 miliardi di euro all'anno (pari sostanzialmente ad un punto del Pil nazionale). Memore del fatto che il Centro Studi di Confindustria avesse calcolato come una riduzione di appena 50 giorni nella durata media dei processi aggiungerebbe alle finanze nazionali circa 14 miliardi al Pil, l'Esecutivo in carica ha disposto che ai decreti ingiuntivi notificati dopo il 22 giugno scorso si applichino norme finalizzate a rendere più rapide le decisioni sulla esecuzione provvisoria. L'articolo 78 del Decreto del Fare (69/13) interviene sull'articolo 645 comma 2 del Codice di Procedura Civile, disponendo che, nel processo di opposizione a decreto ingiuntivo, l'udienza di prima comparizione abbia luogo non oltre trenta giorni dalla scadenza del termine minimo ipotizzato dal codice di rito. Il Decreto del Fare ha inoltre riformato l'articolo 648 del Codice di rito civile, stabilendo che il giudice debba decidere subito, nella prima udienza, se concedere o meno la provvisoria esecuzione ai decreti ingiuntivi. Trascorso giugno e luglio, a mezz'agosto, nella canicola più asfissiante, tali disposizioni sono state integralmente confermate in sede di conversione in legge, nella ovvia convinzione che saranno –solo per ciò- più rapidi i tempi processuali delle opposizioni ai decreti ingiuntivi e tutto questo grazie soltanto alla decisione più immediata sulla esecuzione provvisoria delle ingiunzioni. Soffermiamoci, adesso, a fare bene i conti: se il codice di procedura civile impone che l'opponente assegni all'attore –per comparire in Tribunale- un termine minimo di novanta giorni, è ipotizzabile che il rispetto della nuova norma imponga al Giudice di esprimere la propria decisione non oltre il decorso di centoventi giorni. Ciò significa ben quattro mesi dopo l'opposizione (sempre chè il termine non si dilati a cento sessantacinque giorni -cinque mesi e mezzo- per effetto delle ferie giudiziarie). E allora? Questa la chiamiamo rapidità? L'iniziativa governativa può essere anche lodevole ma appare evidentemente deludente. Donatella Ferranti (presidente della commissione Giustizia della Camera) ci ha ricordato che "oggi l'Italia é al 158° posto nel mondo per l'indice di efficienza di recupero del credito a causa di tempi lunghi" della Giustizia. Eppure, l'accelerazione processuale che ci si auspica di perseguire con le suddette norme non appare né significativa, né tantomento soddisfacente. Diciamolo: siamo stufi di "norme-burla", strombazzate con grande enfasi ma di nessun contenuto concreto. Abbiamo già assistito alle nefaste derive rottamatorie che i "filtri" (in appello e nel processo di cassazione) vanno manifestando, senza costituire idoneo argine alla domanda di giustizia della popolazione se non per il tramite del disdicevole innalzamento dei costi imposto ad imprese e cittadini mediante costanti aumenti delle tasse (i contributi unificati) richieste per accedere al "servizio Giustizia". Ben altre soluzioni necessitano. "Chiediamo alla politica di fare una rinuncia importante per il bene del Paese. Non vuole essere una provocazione ma una proposta concreta: rinunciare al finanziamento ai partiti e investire queste ingenti e importantissime risorse nella giustizia e nelle carceri", avevano tuonato taluni Magistrati. Inviti inascoltati. E questo Esecutivo "di larghe intese" cosa propone? Solo l'ipocrita accelerazione dell'articolo 78? Davvero troppo poco. Come Cicerone, verrebbe davvero da proferire "Quousque tandem abutere... ...patientia nostra?"

Alessandro Graziani

Avvocato del Foro di Roma

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