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Nunc est, bibendum, nunc pede libero pulsanda...

avv. Romolo Reboa, avv. Reboa, Romolo Reboa, Reboa, Romolo, Ingiustizia la PAROLA al POPOLO, la PAROLA al POPOLOIl Senato ha approvato in terza lettura la Legge Professionale attesa per decenni dall'Avvocatura, il Congresso di Bari ne ha approvato il testo, addirittura prima della lettura finale, terrorizzato dal DPR 137/12 normazione totalmente punitiva figlia di una dichiarata deriva ideologica, come illustrato nel precedente articolo (nel n. 7 anno XXXVIII di questa rivista). Che dire della nuova legge? Se non ci si accontenta di proclami senza sostanza, quali l'enfatica definizione di "ordinamento" ed il giuramento avanti il CdO; occorre prender atto che il Ddl in gestazione non contiene colpi d'ala, anzi! La potestà normativa sia di autoregolamentazione anche disciplinare è attratta al di fuori dell'Ordine cui residua poco più di un diritto di tribuna e questo sugli argomenti più rilevanti (art. 1, 3° e più volte nel testo). La consulenza ed assistenza anche quelle connesse all'attività giurisdizionale sono di competenza degli Avvocati solo "se svolta in modo continuativa, sistematico ed organizzato", dal che si deduce che altri possano prestarla purché in maniera saltuaria. Si attendono le SS.UU. o la Corte di Giustizia per definire ad esempio se i tre requisiti debbano concorrere tutti insieme o quando si abbia continuità. Tre volte a settimana, una al mese boh!? Quanto vi è connessione con la giurisdizione? Quel che è certo è che si è aperta una falla (Art. 2, 6°). Una frase contorta segnale di una mediazione assai stirata. Il principio di concorrenza poi irrompe formalmente nell'ordinamento professionale (3, 2°), ma non è chiaro in che ambito. Trattasi di concorrenza sleale tra avvocati o verso i clienti, il codice deontologico era sufficiente. Di concorrenza con altri professionisti nell'area delle attività non strettamente giurisdizionali e cioè quella che può essere esercitata da chiunque e in condizioni più favorevole rispetto agli avvocati? Il Ddl però sancisce anche in modo (art. 5, 2° lett. l)) inequivoco l'irriducibilità della professione forense all'impresa. Ma come Laocoonte: timeo Danaos et dona ferentes! (Eneide, II, 49). Quanto ai compensi infatti (art. 13): nulla di sconvolgente, nulla che già non fosse nella prassi e nelle norme. Le tariffe sono sempre stati di fatto e per legge (art. 2233, 1° c.c.) un "parametro". Inquieta non tanto la grossolanità del metodo, quanto la mancanza di norme di tutela. Gli avvocati saranno pure non imprenditori, ma nella pattuizione libera, con enti collettori di domanda di giustizia, o seriale o imprenditori sono il manzoniano vaso di coccio. Ma egual tutela, i minimi obbligatori erano infatti ancipiti, spetta al cliente nei confronti di comportamenti non etici del professionista. L'aver adottato i "parametri" è un'ulteriore conferma della irrefrenabile deriva verso la società degli standard; quel che conta è "l'unitarietà" e la semplicità nella determinazione dei compensi": il che può essere compatibile con l'attività stragiudiziale; ma indeclinabile assolutamente con l'imprevedibilità delle dinamiche del processo. Va ascritto nella parte attiva la sistematizzazione del procedimento disciplinare. Se infatti il Ddl recepisce l'elaborazione della giurisprudenza e del CNF e delle SS.UU.; tuttavia scioglie alcuni nodi essenziali assai dibattuti; quali i rapporti con il processo penale (art. 55) basati sul principio di autonomia del processo disciplinare; la prescrizione (Art. 57) il cui termine è ampliato a 6 anni, ma con il limite totale di 7 anni e mezzo secondo il modello dell'art. 161 c.p.. E soprattutto la definizione e regolamentazione della sospensione cautelare (Art. 61) limitata nella durata e strettamente connessa alla fase di merito; così impedendone abuso, spesso per fini non propriamente nobili. Resta però irrisolto il conflitto tra la forma "amministrativa" dell'impugnazione al CNF ed alle SS.UU. la sostanza di una vera e propria giurisdizione di diritti (cfr: P. Sandulli op. cit.). Il Ddl 3900 cristallizza la fruizione pubblicistica dell'ordine (art. 24) vocata al processo (brutto il sostantivo "utenza" più idoneo all'Enel che alla Giustizia, ma tant'è il consumerismo avanza); ma tace sull'attività stragiudiziale a vocazione privata. Ne consegue logicamente che agli Ordini ed al CNF pertiene "in via esclusiva" la sola rappresentanza istituzionale dell'avvocatura. Si è piuttosto persa l'occasione per strutturare le Unioni regionali in un ottica glocal o federale o di recupero delle potestà territoriali; rimettendo invece (art. 24, I, lett. p) la costituzione ed i poteri alla mera volontà dei consigli circondariali. La vera novità è costituita dalla istituzione del Congresso Nazionale Forense e dalla previsione di un organismo attuativo; finiranno le non disinteressate diatribe sulla natura associativa dell'OUA, e quelle sulla sua rappresentatività. Quanto alle associazioni professionali (l'art. 4) non si prevede nulla che già non sia nell'ordinamento vigente, ma si precisa (art. 4, 10) che le associazioni aventi ad oggetto "esclusivamente" l'attività professionale non sono soggette alla procedura fallimentare. L'avverbio esclusivamente apre un thema di dibattito che meriterà la massima attenzione nell'ottica del tertium genus. Quanto alle società professionali aspettiamo la legge delegata. Per chiudere sul punto rispetto al Dpr 137/12 la norma approvanda realizza un significativo riequilibrio soprattutto nel mantenere all'interno dell'ordine il procedimento disciplinare in ogni sua fase, codificando, anche con condivisibili modifiche, quanto la giurisprudenza aveva già normato. Al nostro Presidente, cui va comunque riconosciuto il merito di aver ottenuto una legge chiesta per 50anni; nella sua circolare 8/11/12 offre una lettura della legge non enfatica, ma certo benevola; molte delle cose che indica come novità in realtà già erano nell'ordinamento o sono inessenziali. E ciò ben si comprende avendo il CNF ha ottenuto il potere normativo disciplinare, sia pure in condominio; mantenuto in vita un meccanismo elettorale sinedriale allargando un po' la platea dei Consiglieri, ma non modificando in maniera sostanziale la sua rappresentatività (sono assai curioso di vedere il concreto funzionamento della rappresentanza di genere!), mantenuto la giurisdizione domestica senza modifica alcuna. Molto altro, ci aspetta, leggi delegate, DM e testo unico (art. 65) e tutto con la filosofia del "non disturbate il manovratore"; poteva andarci peggio!. Ma siamo proprio certi che una legge sull'Ordine come organizzazione o ordinamento; una legge che appresta solo qualche strumento operativo in più. Sia centro degli interessi dell'85% degli iscritti agli albi, che sia una panacea universale? Sarà necessario spiegar bene alla platea congressuale, che temi come il riequilibrio dei rapporti tra Avvocatura, Magistratura e processo, anche come organizzazione non potevano essere normati in quella sede; altro che supplire ancora una volta con gli sportelli del cittadino, che sono un servizio pubblico generale (art. 30, 1); alle carenze dell'Amministrazione; almeno si evitasse l'apertura di troppi sportelli non qualitativamente garantiti, nè controllati e soprattutto "strumentali" od altro; l'Avvocatura ne avrebbe del buono, ma per etero genesi dei fini. Sarà necessario spiegar bene soprattutto da quale stamperia clandestina usciranno i fondi per una formazione continua di qualità. Sarà necessario indicare come elevare a dignità i redditi professionali. Rispetto ai modelli sociologici di professionalizzazione, la formazione e l'accesso sono momenti essenziali. Senza risorse si può immaginare come probabile questo scenario. Costituzione di associazione/fondazione, che i "terzi" di cui scrive l'art. 11, 3, che, all'esito di corsi di alta qualità, rilasceranno titoli "dichiarativi", ma alla lunga pesanti nella captazione del cliente; chi non sceglierebbe, magari con un po' più di spesa, un avvocato pluricertificato da scuole di rango; rispetto ad altri con la scheda punti? La selezione non può avvenire a posteriori, non può essere determinata da condizioni economiche o sociali; non può portare avvocati, processo e magistrati in formula binaria. La saldatura tra Consigli dell'Ordine e Università se è nel DNA sinedriale del CNF, non sembra aver dato nel passato buoni frutti e dal punto di vista organizzativo e finanziario: se Sparta piange, Messene non ride; non sarebbe male pensare che in Cassazione si arriverà in pochi, e molti avranno bisogno di buona pratica. Quale la conclusione! La legge è certo di stampo sinedriale, avulsa dalle dinamiche socio economiche reali; nella quale la rappresentanza politica del ceto forense è negletta se non altro per difetto di una procedura democratica per la rappresentanza in capo al CNF, che però lucra posizioni di prepotere sulle collettività di base - gli Ordini - e minimizza le articolazioni territoriali complesse - le Unioni regionali. L'aver però previsto il Congresso Nazionale costituisce una ormai ineludibile base dialettica; ma occorrerà riscrivere lo statuto e riarticolare l'organismo permanente di rappresentanza. In breve ricomincia la lotta, ma retrodatati di 20 anni, e con una avvocatura provata nel fisico e nel morale e con le associazioni generaliste sempre più in crisi di autoreferente incomunicabilità. Una legge in breve che ritrae il presente ritoccando la foto con colori di dagherrotipo; del futuro neppure una traccia. Una legge infine, ma questa non era la sua ontologia; che in nulla aiuta l'Avvocatura nel recupero del suo ruolo socio economico: Baroni e contadini e così sia!

Roberto Zazza*

Avvocato del Foro di Roma

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